L’Autorità Garante per la privacy ha diffuso un comunicato stampa nel quale reputa illegittima la pubblicazione in internet effettuata dall’Agenzia delle Entrate dei redditi dei contribuenti per l’anno 2005.
Innanzitutto un poco di storia: l’Autorità Garante per la privacy è stata istituita con la Legge 675 del 1996 dal primo Governo Prodi e il testo consolidato delle norme riguardanti la privacy è stato approvato con il Decreto Legislativo 467 del 2001, tramite delega del Parlamento (per questo si chiama Decreto Legislativo) al secondo Governo Berlusconi, senza quindi nemmeno il parere delle Camere. Un’istituzione quella del Garante quindi bipartisan.
La Costituzione Italiana, all’art. 14 e 15, reputa come diritti inviolabili del cittadino la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché il domicilio. Nessun altro dato del cittadino dai nostri padri costituenti è stato assurto a diritto inviolabile.
La legittimità dell’attribuzione di potere all’Autorità Garante è avvenuta quindi come fatto e atto meramente politico; hanno concesso a cinque persone (questo in numero dei componenti l’Autorità) la potestà regolamentare di stabilire (entro i limiti della legge) cosa è privato e cosa no, di tutti noi cittadini, così delegando un compito che, per la delicatezza del tema, dovrebbe essere del solo Parlamento.
Il diritto alla privatezza dei dati è effettivo quando tutti i cittadini vedono tutelato tale diritto, senza distinzioni. Se un certo dato (non sensibile) è pubblico per tutti i cittadini non vi è nessun problema di privatezza, poiché tutti sanno tutto e quindi non c’è nessuna possibilità di usare tale dato per motivi illeciti come ricatti e quant’altro.
Anche per questi motivi mi trovo totalmente contrario alla decisione dell’Autorità al riguardo della pubblicazione dei redditi, poiché ritengo che vi siano due soli motivi per non voler pubblicato il proprio reddito su internet:
1) Si evadono le tasse
2) Si guadagna in maniera spropositata
Per quanto riguarda il primo punto credo che non ci sia nessun problema se emergono gli evasori, anche su denuncia di privati cittadini, informati sul reddito di contribuenti che conoscono: sarebbe un modo rapido per recuperare miliardi di euro di evasione, in maniera legittima.
Per quanto riguarda il secondo punto, non mi sembra che chi delinque abbia bisogno della dichiarazione dei redditi per sapere chi derubare, quindi il post pubblicato da Beppe Grillo al riguardo credo sia una baggianata totale.
Andando ad analizzare i redditi si solleva un enorme problema di natura sociale e politica, ossia la mancata distribuzione del reddito tra i cittadini: siamo l’ottavo paese del mondo per ricchezza economica e 7 milioni di famiglie italiane vivono sotto il livello di povertà relativa: questa è la verità (e come diceva Gramsci la verità è sempre rivoluzionaria) e sapere chi è ricco e come lo è diventato, deve essere un sacrosanto diritto di ogni cittadino. Se avrà guadagnato con onestà sarà un uomo da emulare, se avrà guadagnato in maniera illecita sarà da giudicare secondo la legge.
Questo perché, come disse Confucio: “In un paese ben governato la povertà è qualcosa di cui ci si deve vergognare. In un paese ben governato, è vergognosa la ricchezza.”