La rabbia, l’animalità, l’avidità, pur essendo stati vitali ineliminabili, non vanno coltivatati, va coltivato il bene (la coscienza, l’altruismo, la compassione, la verità). Possiamo stare a discutere dieci anni su ciò che è giusto o sbagliato, ma se non proviamo a fare bene e fare del bene non sapremo mai cosa realmente è bene e cosa è male. E questo va fatto insieme, se è vero che si vuole progredire come umanità, se è vero che qualcosa ci unisce. L’azione è necessaria per un cambiamento, se tanti non agiscono debbono assumersi la responsabilità del loro non esprimersi o non agire, non possono incolpare chi agisce. Questa città, questo paese, questo mondo, sono come sono più per responsabilità di chi non agisce, che per causa di chi agisce male. Gli strumenti sono relativi, quello che conta è la volontà. Non basta astenersi dall’agire male per fare bene, bisogna agire bene: se non si dialoga si preclude ogni possibilità di fare insieme e quindi di comprendere cosa è veramente il bene. Quindi il vero problema attuale è chi non dialoga e perché, dobbiamo chiederlo ad ogni persona, dobbiamo chiedercelo in prima persona.
Coltivare il bene
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