Nel bellissimo incontro nazionale degli ecovillaggi tenutosi a Il Vignale (Blera, VT), a cui ho partecipato, hanno anche allestito un palco, dove si sono esibiti diversi artisti. Una ragazza, prima di leggere una sua poesia, ha riempito il palco di fogli con poesie di autori kurdi: alla fine della sua declamazione, chiunque ne ha potuto prendere uno.
Nel foglio che ho preso io mi è capitata questa bellissima poesia del secolo XVII, tratta dal poema “Mam E Zin”, dello studioso di grande cultura Ahmadi Khani, che riporto integralmente, che dimostra inequivocabilmente quanto la saggezza e la bellezza della semplicità non abbiano né spazio né tempo.
Se questo frutto
Se questo frutto non è succoso,
è kurdo, ed è quel che conta.
Se questo figlio non è aggraziato,
è il primo frutto, e grandemente lo amo.
Anche se non è dolce questo frutto,
e questo figlio, a me è molto caro.
La veste e gli ornamenti, il senso e le parole,
non sono affatto presi a prestito,
tutto l’insieme è il frutto della mente,
è vergine come fanciulla e fresca sposa.
Spero che la comunità dei dotti
non mi biasimerà per i miei errori,
e non mi calunnierà per gelosia
ma vorrà correggere le mie mancanze.
Io sono un fabbro, non un orefice,
mi sono fatto da solo, nessuno mi ha educato.
Sono un kurdo, un montanaro, un valligiano
e in kurdo dico le mie parole.