E quando giunge la notte
mi chiedo quante parole
ancor devo tacere
per farmi ascoltare.
Perpetuo gesti
abituati al dolore,
cucio tessuti rari
di sentimenti perlacei,
d’inequivocabili segni.
Quanto coraggio
serve per costruire
una vita?
Quanta solitudine
serve per determinare
una gioia?
Voglio svelare
gli arcani sussulti
della mia mestizia.
Soliloqui ineffabili
d’una mente inquieta,
questo ora sono.
Quando si perde
la speme leonina,
giunge l’astuzia
che m’inebria d’oscuro
e atrofizza ogni moto.
La protervia esaspera,
invadendo ogni spazio
dell’umano operare
e il bagliore del tempo
non basta a novellar
dei caduti dal perverso
solerte fato.
Nulla par rimanere,
se non la scelta caparbia
di rifiutar consapevole
che gli occhi odano
sofferenze inumane
d’umane voci.
Tutto è già pronto,
eccola la pubblica gogna
che deride gli affranti!
Per chi vive davvero
la causa umana,
solitudine e patimento
di certo non sono
bastevoli demoni
idonei a placare
l’inesauribile energia
della verità celata
tanto implausibile
da esser vera.
Dario Pulcini