La parola “democrazia” (che deriva dal greco antico: δῆμος, démos, «popolo» e κράτος, krátos, «potere») è ormai di uso comune e viene spesso utilizzata anche in maniera del tutto inopportuna, definendo democratico solo un sistema piuttosto che un altro o più democratico un sistema rispetto ad un altro, spesso più per convenienza che per scienza.
La supremazia di un sistema sociale, politico e economico rispetto ad un altro è ciò che ha alimentato nei secoli i conflitti umani, pertanto è di certo un tema sentito tanto dalle élite quanto dai comuni cittadini.
Ogni popolo ha cercato e cerca la strada verso un migliore equilibrio sociale, tendendo a voler migliorare le condizioni di vita come singoli, come famiglie, come comunità locali, nazionali e sovranazionali. Purtroppo la storia ci insegna che, quello verso una democrazia piena, concreta e realizzata, è un percorso costellato di ostacoli e di fallimenti.
Le sfide che affrontiamo in questa epoca per la necessaria tutela degli ecosistemi locali e dell’ecosistema globale dimostrano quanto ancora siamo lontani da scelte ampiamente condivise, che è poi lo scopo ultimo della democrazia: far sì che si possa scegliere meglio, grazie al maggior numero possibile di “informazioni” emotive, intellettuali e esperienziali, che non da soli. Ciò non significa ovviamente che la scelta del singolo non possa essere migliore di quella della moltitudine: ma il punto è che perché avvenga un’evoluzione, un cambiamento, una trasformazione radicale nelle comunità umane, a prescindere se in meglio o peggio, è necessario che vi sia una convergenza di opinioni su verità che vengono considerate come tali dalla moltitudine. Nemmeno serve che sia la maggioranza delle persone: uno studio universitario di qualche tempo fa sosteneva che il cambiamento nei comportamenti del 25% negli individui di una comunità porta tutta la comunità a cambiare.
Ma quale è il problema vero che ci impedisce di scegliere insieme il futuro che vogliamo per le nostre comunità?
Il primo punto da affrontare è la questione dell’accesso alle informazioni, della resilienza delle informazioni a prescindere dalla loro veridicità: come si trasmettono le informazioni incide positivamente o negativamente sulla coscienza che una comunità ha di se stessa. Tale fattore ha un impatto importante sia sul piano individuale che culturale. Il maggiore ostacolo al progresso umano verso migliori condizioni di vita è spesso proprio questo, la diversa “accessibilità” alle informazioni. Ovviamente questa diversa accessibilità è determinata da fattori individuali, culturali, ambientali.
Il secondo punto è di natura individuale: l’egocentrismo, l’avidità, la remissione, la paura, il coraggio, il narcisismo, l’appagamento dei desideri, la coscienza, la cultura, la mentalità, sono elementi differenti da individuo a individuo, che possono compromettere o sostenere i percorsi di dialogo in una comunità in maniera costruttiva e soddisfacente. L’individuo, in quanto parte della comunità, plasma e al medesimo tempo viene costantemente plasmato dall’ecosistema in cui vive. L’impatto dell’azione del singolo, a prescindere dal giudizio positivo o negativo che se ne può avere, è determinata dal contesto sociale in cui opera, dal suo temperamento e dal suo carattere. Parlo di temperamento in contrapposizione al “carattere” : il temperamento è quello che abbiamo sin dalla nascita e che possiamo modificare solo con grandi sforzi, il nostro “codice genetico” di comportamento, quindi le nostre pulsioni verso alcuni atteggiamenti piuttosto che altri; il carattere invece è quello che modelliamo, più o meno consapevolmente, durante il nostro percorso di vita con le nostre scelte e le nostre esperienze.
Il terzo punto è di natura culturale: è la cultura che determina la nostra maggiore propensione al dialogo e al costruire insieme, quindi la tensione verso una società organica, piuttosto che l’esaltazione individuale, quindi la tensione verso una società gerarchica. È l’idea culturale che abbiamo di giustizia e di felicità, della vita e della morte, che determina la realtà fattuale dei nostri comportramenti quotidiani. La cultura è determinata dalla circolazione delle informazioni e dalla loro attendibilità (vera o apparente), dalle caratteristiche individuali e ambientali.
Il quarto punto è di natura ambientale: con ciò intendo quello che un tempo veniva chiamato genius loci, l’influenza che i luoghi del vivere, nel loro complesso, hanno sull’individuo e quindi sulla comunità. Ovviamente oggi, che è possibile spostarsi in qualsiasi parte del mondo, le influenze ambientali sono ben più variabili di tutte le epoche precedenti. Tale maggiore libertà di movimento (anche se non a tutti accessibile o non accessibile allo stesso modo) implica due aspetti da tenere in considerazione: se da una parte può comportare la perdita di identità sociale, allo stesso tempo consente anche la diffusione di culture e mentalità differenti. L’esplorazione è insita negli istinti umani più profondi: ma se un tempo era determinata principalemente dalla necessità di sopravvivenza (e purtroppo per molte persone lo è ancora), oggi soddisfa anche diverse altre pulsioni, dall’evasione alla fuga al desiderio di conoscenza. Inoltre oggi l’essere umano modifica o può modificare enormemente l’ambiente, tanto da arrivare al paradosso di far perdere l’identità sociale e culturale di un luogo. Ciò non per forza deve essere un fattore negativo, ma di certo va tenuto conto anche di questo aspetto nell’analizzare il senso della democrazia.
A fronte quindi di tale ineluttabile complessità, da me appena accennata in forma estremamente sintetica, si potrebbe rimanere spaesati e si potrebbe pensare che la democrazia è qualcosa di inattuabile, un’utopia verso cui dirigersi, ma mai compiutamente realizzabile.
In realtà ciò che determina la possibilità di realizzare un sistema maggiormente democratico dipende più dai processi che dai soggetti, al contrario di quanto siamo culturalmente portati a pensare. Ovviamente in una comunità organica, quindi in cui l’individuo viene valorizzato in maniera funzionale allo sviluppo armonico della società, vi sarà un percorso più rapido verso la democrazia, mentre in una comunità gerarchica, in cui la libertà individuale viene esaltata al punto da consentire il soggiogamento del più forte sul più debole, sarà più lento. Ciò perché, il motivo di fondo per cui viviamo insieme, è che uniti siamo più forti che da soli: e questo vale tanto in una società gerarchica che organica.
Il pensiero sistemico e il pensiero divergente
Il concetto di pensiero sistemico riguarda il fatto, ormai dimostrato anche scientificamente, che la vita, a qualsiasi dimensione la si osservi, è un sistema complesso, interdipendente e interconnesso. Non solo, il sistema “vita” ha uno schema organizzativo da cui emergono delle caratteristiche proprie ad ogni sistema vivente, quali l’auto-organizzazione, l’auto-regolazione e la retroazione. Pertanto, se vogliamo sapere il più possibile obiettivamente come siamo “comunità”, è necessario osservare i processi interni più che gli individui che la compongono. E è proprio agendo sui processi che otteniamo dei risultati concreti, di portata più ampia, in quanto iniziamo ad avere un approccio realistico alla vita, ponendo l’attenzione sui comportamenti più che sui temperamenti dei singoli. Ciò riduce le conflittualità in quanto al centro delle nostre analisi non mettiamo più solo noi stessi, la nostra famiglia, i nostri amici, le nostre conoscenze, ma la comunità nel suo complesso. È attraverso l’analisi dei processi dei sistemi vitali, delle reti relazionali, che possiamo comprendere come migliorare come comunità umana.
Il pensiero divergente è una qualità innata negli esseri umani, per cui a fronte di una problematica è possibile produrre una serie di soluzioni adeguate a superare il limite che si affronta. Non una sola soluzione pertanto, ma tante soluzioni. Tale capacità viene moltiplicata dalla cooperazione tra più persone: per questo è nella natura umana formare gruppi sociali, proprio per rispondere più efficacemente alle problematiche che la vita inevitabilmente pone innanzi. Attualmente la mentalità prevalente della nostra società è permeata dal pensiero convergente, in cui si cerca una sola soluzione valida per tutti, in un’ottica riduzionista, apparentemente più efficiente a breve termine, ma in realtà castrante, in quanto limita fortemente l’espressione cooperativa e creativa degli esser umani.
Fatta tale premessa entriamo nel nocciolo della questione: come far sì che si possa decidere insieme costruttivamente, includendo il maggior numero possibile di individui, di modo che le scelte prese collettivamente comportimo maggior senso di responsabilità e siano più giuste di quelle prese singolarmente?
La democrazia nel concreto: i processi decisionali
Qualsiasi sistema che si presuppone essere democratico si basa su dei processi decisionali.
In un sistema tendenzialmente gerarchico (che può esprimersi nelle forme del sistema democratico rappresentativo fino all’oligarchia e alla dittatura) avremo l’emergere delle seguenti caratteristiche:
- esaltazione della concorrenza, in quanto per migliorare la qualità della vita è necessario salire di “grado”, quindi esaltazione del benessere del singolo anche a discapito del benessere della collettività;
- scarso senso di responsabilità individuale, in quanto le scelte sono prese dai gradi più alti della gerarchia, pertanto l’individuo nei gradi più bassi può solo “subire” le scelte prese dai suoi superiori;
- frammentazione delle comunità, anch’esse in concorrenza tra loro, per via dell’aumento dei conflitti interni;
- scarsità della circolazione delle informazioni o scarsa accessibilità, per via del controllo gerarchico: chi ha più potere ha diritto ad avere più informazioni, in quanto deve scegliere anche per altri;
- un alto livello di stress determinato dalla continua competizione sociale per essere più “performante” degli altri;
- maggiore rapidità nella riorganizzazione, anche se non necessariamente voluta o accettata dalla comunità, nonché non necessariamente la riorganizazzione migliore possibile per il benessere della comunità.
In un sistema tendenzialmente organico avremo invece l’emergere delle seguenti caratteristiche:
- maggior cooperazione, in quanto il maggior impegno del singolo nella risoluzione di un problema non produce privilegi, pertanto si è più propensi alla cooperazione;
- alto senso di responsabilità individuale, siccome l’individuo agisce in funzione della sua responsabilità specifica verso la comunità e non per ordine di un superiore;
- comunità più coesa, in quanto è grazie all’unione delle forze individuali, nella loro specificità, che si ottengono i migliori risultati;
- alta circolazione delle informazioni: poiché nessuno detiene un potere superiore ad un altro, si può migliorare come comunità solo se si diffondono le “buone pratiche”;
- una maggiore serenità determinata dalla mancanza di dover per forza competere con l’altro per poter vivere dignitosamente;
- maggior lentezza nella riorganizazione sociale, in quanto le scelte si prendono insieme, in un percorso necessariamente più articolato.
Tali sistemi sociali, organici o gerarchici che siano, si replicano in tutte le comunità di tutte le epoche, con diversi livelli di complessità e dimensioni diverse: internamente alle comunità reali poi si intrecciano sia sistemi organici che gerarchici, per questo li definisco “tendenze” quelle verso la gerarchia o l’organicità.
E veniamo quindi ai processi decisionali: tanto più la società tende verso sistemi gerarchici tanto più i processi decisionali saranno verticali (dove il superiore pone limiti all’inferiore) e ristretti, quindi riservati ad una cerchia di persone via via più piccola, sino al limite della monarchia e della dittatura, in cui una sola persona ha più potere di chiunque altra nella comunità. Se la società tende invece verso un sistema organico i processi decisionali saranno più orizzontali e allargati: è tale tendenza che ha portato al diritto al voto e al concetto di democrazia come comunemente viene inteso.
In tale contesto pertanto si comprende come, andando a modificare i processi decisionali di un sistema, si può invertire la tendenza verso un sistema gerarchico o organico.
La massima espressione del processo decisionale in un sistema gerarchico/competitivo democratico, è il sistema a maggioranza: quando si decide a maggioranza vi saranno necessariamente persone contrarie alla decisione presa, le quali si dovranno adeguare alle scelte decise dalla maggioranza, per non contravvenire alla determinazione della comunità. Ciò ingenererà necessariamente spaccature e divisioni interne al gruppo, poiché vi sarà sempre una parte soddisfatta e una insoddisfatta. Non solo, in un sistema che sceglie a maggioranza, quindi in un sistema competitivo, le divisioni portano alla creazione di correnti, in quanto il gruppo minoritario o i gruppi minoritari inizieranno a cercare di fare valere le proprie ragioni per ribaltare le decisioni prese. Ciò può avvenire, e spesso avviene, anche in maniera sottaciuta e a volte anche a costo di danneggiare la comunità considerata nel suo insieme. È in questa dinamica che si ingenera il desiderio di potere di un gruppo sull’altro, di una persona sull’altra: si brama il potere per non dovere più subire le decisioni assunte dalla maggioranza o dal superiore, cercando pertanto di divenire “superiori” gerarchicamente o attrarre consenso perché la propria visione o idea diventi maggioritaria e la si possa imporre a tutti. È in tale dinamica che si ingenera il desiderio di violare la scelta presa dalla maggioranza, in quanto non si sente compe propria oppure il desiderio di non agire più a sostegno della comunità, almeno su quella specifica scelta adottata, in quanto non si condivide la decisione presa. Il sistema gerarchico democratico giunge inevitabilmente al paradosso che, al fine di garantire stabilità (o con la scusa di garantirla), la decisione che tutti devono rispettare venga presa da una maggioranza all’interno però di una minoranza ristretta di persone. Questo è quello che viviamo oggi ogni giorno e a qualsiasi livello, in quella che definiamo democrazia “rappresentativa”, dove poche persone scelgono per tutti.
In un sistema tendenzialmente organico o, detto meglio, nella tendenza organica di un sistema, possiamo trovare processi decisionali più evoluti in quanto capaci di limitare i conflitti e allo stesso tempo fare le scelte più consone per l’intera comunità o almeno considerate tali dalla medesima. Emergono quindi processi, come quello consensuale e sociocratico, che implicano come postulato la necessità del dover giungere ad un consenso unanime di tutto il gruppo prima di prendere delle scelte. In tal caso è necessario che la comunità sia capace di realizzare una sintesi delle pulsioni individuali tale da dare soddisfazione all’intero gruppo. Il centro pertanto del confronto tra gli appartenenti al gruppo si sposta dalle caratteristiche della persona che propone, tipico del sistema gerarchico/competitivo, alla proposta, che necessita di cooperazione per essere elaborata. Difatti una proposta che ci deve mettere d’accordo tutti costringe tutti a dover esprimere la propria visione, in quanto è necessaria per trovare l’accordo comune. Il processo dialogico è ncessario ai processi decisionali: senza dialogo non c’è decisione che si possa considerare come presa insieme. Nei processi decisionali in cui si cerca il consenso unanime o quanto meno l’assenso il dialogo si incentra sulle proposte e non sui soggetti che le propongono: al centro pertanto si pone la strategia che si propone di adottare per raggiungere il risultato voluto, quindi il processo e non il soggetto.
La cooperazione è alla base della vita sulla terra
Gli inevitabili conflitti nelle comunità sorgono con maggior veemenza o non si risolvono per via di un processo decisionale figlio della cultura gerarchica e competitiva, una cultura innaturale dettata dalle pulsioni più meschine degli uomini, nell’illusione di una felicità effimera determinata dai rapporti di potere l’uno sull’altro piuttosto che dalla valorizzazione dell’interdipendenza.
Quanto sia lunga la strada del genere umano verso una democrazia veramente compiuta e quindi ad una pace duratura, dipende dalle scelte di ognuno di noi verso una visione sistemica, divergente, organica, cooperativa o verso una visione riduzionista, convergente, gerarchica, competitiva della vita.
Le forme della democrazia: dal parlamento a internet
Oltre ai processi decisionali, la concretizzazione della democrazia è determinata anche dagli strumenti di cui la comunità si dota per realizzarla: il parlamento, le assemblee regionali, comunali e municipali sono gli strumenti della democrazia rappresentativa, in cui si estrinseca l’attività legislativa, il processo decisionale quindi che porta alla produzione delle norme imperative a cui tutti si devono attenere per non incorrere in sanzioni o nell’esclusione sociale. Ma oggi, che possiamo votare dal nostro smartphone o dal nostro computer, ha più senso la rappresentanza? O si tratta forse solo di un retaggio storico ormai anacronistico?
Difficile rispondere, per via della complessità del tema: l’unica certezza è che la democrazia (quindi la sovranità popolare) è sentita come un presupposto ineludibile di uno stato contemporaneo evoluto. Ma è da come questa democrazia concretamente si sta realizzando che è possibile comprendere lì dove i processi in atto siano fallimentari: diminuiscono i cittadini che vanno a votare, il rapporto tra gli eletti e gli elettori si fa sempre più rarefatto, agendo i primi quasi sempre senza relazionarsi con gli elettori, anzi spesso tradendo il programma con cui si sono presentati alle elezioni per interessi corporativi, familiari o personali, finendo per agire da veri e propri mercenari al soldo del più ricco. Le società gerarchiche hanno dimostrato il loro fallimento storico nell’attuazione della democrazia agognata dai cittadini: è necessario oggi pertanto tendere verso una società organica, utilizzando processi decisionali trasparenti e inclusivi, perché si possa implementare un sistema pienamente democratico nelle comunità umane e migliorare quindi le condizioni di vita di tutta l’umanità.
Internet è senza dubbio lo strumento di informazione e dialogo più potente mai realizzato dall’essere umano: la possibilità di connettersi in un istante con qualsiasi persona da qualsiasi parte del mondo permette oggi di realizzare progetti sovranazionali senza più le limitazioni imposte dalle culture, dai processi decisionali locali, dai luoghi fisici.
Oggi potremmo già dare a tutte le persone la possibilità di esprimere la propria opinione su qualsiasi azione si decida di compiere come comunità o inerente la comunità, dalla riqualificazione di un giardino pubblico alle modifiche al sistema pensionistico fino ai conflitti internazionali. I momenti di “voto” si sono moltiplicati, le opinioni dei consumatori indirizzano le aziende e le strutture gerarchiche deliberative elette dai cittadini sono sempre più numerose, dall’unione europea sino al comune: ma perché si possa realizzare maggiore democrazia non basta aumentare la possibilità per i cittadini di scegliere delegati, bensì è necessaria una cultura della comunità di singoli che sappiano scegliere responsabilmente, con coscienza e indipendenza, capaci di dialogare e ascoltarsi l’un l’altro al fine di prendere la migliore scelta possibile in quel momento, avendo preso in considerazione tutti i punti di vista. E per questo l’evoluzione dei processi decisionali è determinante. Se si permette ad ognuno di collaborare costruttivamente per migliorare le azioni che come comunità si vogliono attuare e si educa alla cooperazione, si riescono ad intercettare il maggior numero possibile dei bisogni sentiti come prioritari e le migliori soluzioni alle problematiche comunitarie e quindi addivenire a scelte che generano maggior soddisfazione nella comunità: in sintesi una migliore qualità della vita.
Tornando quindi agli strumenti che ci consentono di realizzare la democrazia, questi devono permettere di norma il compimento di consultazioni e deliberazioni. Queste possono essere condotte in modalità sincrone, asincrone o miste.
La modalità sincrona equivale al momento della riunione del gruppo/comunità: questa oggi può essere condotta sia fisicamente, in un luogo preposto a tal fine o anche estemporaneo, che tramite l’uso di strumenti digitali, come nel caso delle riunioni in videoconferenza. In questo ultimo caso si aumenta la possibilità di partecipazione da parte della comunità, in quanto non è necessario spostarsi verso un luogo specifico. Ovviamente ciò funziona se c’è una circolazione sufficientemente ampia nella comunità dell’informazione in merito ai tempi e modi dell’incontro e dei temi trattati. Per questo di norma si stabiliscono degli ordini del giorno degli argomenti di cui si vuole trattare. Non solo, la democrazia si realizza compiutamente solo se chiunque può portare in discussione il tema che sente maggiormente urgente. In un sistema gerarchico/competitivo di solito la predisposizione degli ordini del giorno è demandata a soggetti interni eletti dai membri del gruppo e spesso la libertà di proporre temi da inserire è vera solo in teoria, in quanto i delegati di rango superiore o le personalità più “esuberanti”, tendono ad imporre le proprie tematiche. In tal modo il processo decisionale risulta viziato sin dalla sua genesi. Nei sistemi organici invece di norma si accolgono tutte le istanze dei singoli in merito a temi ovviamente che coinvolgano la comunità. Anzi, nei sistemi organici le istanze dei singoli sono fondamentali per agire in maniera coesa e cosciente, perché è proprio nella diversità di vedute dei singoli che si genera la sintesi che solo il gruppo come comunità è capace di realizzare per soddisfare i bisogni sentiti.
In modalità asincrona si espande al massimo la possibilità di partecipazione da parte di ogni membro del gruppo/comunità, soprattutto oggi grazie ad internet, ma diviene più difficile il momento consultivo. È difatti dal confronto dei diversi punti di vista che è possibile realizzare un miglioramento delle proposte portate in discussione, quindi realizzare quella sintesi che includa le migliori idee emerse per portare avanti quel determinato tema. Non sto dicendo che la modalità asincrona necessariamente non permetta di esprimere le diverse opinioni ai singoli, ma di certo il confronto tra questi, necessario per far emergere l’intelligenza collettiva, può essere reso più complesso dalla inevitabile mediazione dello strumento, qualsiasi esso sia, che si adotterà per discutere e decidere insieme. Sarà tanto più facile se si tratterà di elaborare un tema specifico o un obiettivo comune ben chiaro nel gruppo e circoscritto, quanto più difficile qualora il tema sarà ampio e generale.
Nella modalità mista si hanno i benefici di entrambe le modalità, sia sincrona che asincrona, in quanto si può separare il momento consultivo, in sede di riunione, dal momento deliberativo, ad es. tramite internet; oppure si può utilizzare uno strumento informatico per elaborare proposte in maniera condivisa (quindi per la fase consultiva) che poi potranno essere portate in votazione durante il momento assembleare (quindi per la fase deliberativa). Così come si possono integrare entrambe le funzioni, deliberativa e consultiva, sia nella modalità sincrona che asincrona.
Oggi sono diverse le soluzioni software, sia gratuite che a pagamento, che ci consentono di dibattere e decidere online.
Ci sono le piattaforme collaborative come Liquid Feedback, Decidim, specifiche per implementare i processi decisionali attraverso la partecipazione online. Si tratta di software che consentono di elaborare insieme la pianificazione strategica, di realizzare consultazioni e deliberazioni, di stabilire a cosa destinare le risorse comuni come i fondi pubblici, della comunità.
Ci sono i forum, come VBulletin, Discourse, phpBB, giusto per citare alcuni dei più famosi e utilizzati, che, oltre al dibattito diviso per sezioni tematiche, implementano anche alcuni sistemi consultivi e deliberativi.
Ci sono i social network, che permettono di creare anche gruppi pubblici o privati, in cui poter condividere proposte, documenti e avviare discussioni.
Ci sono i software di messaggistica istantanea, come Whatsapp, Telegram, Signal, in cui è possibile creare dei gruppi. Alcuni di questi software, come Telegram, permettono anche di fare sondaggi direttamente nei gruppi.
Ci sono infine le piattaforme di condivisione e elaborazione condivisa dei documenti, come Google Drive, Bit.ai, Confluence, Quip.
In conclusione le possibilità di ampliare la partecipazione al dibattito e alle scelte comuni, con strumenti software già esietenti e collaudati, sono potenzialmente illimitate. Ma senza processi decisionali condivisi, trasparenti e inclusivi, che sappiano accogliere tutte le diverse posizioni, sintetizzandole in decisioni che siano appaganti per tutta la comunità in quel dato momento, approvate in maniera unanime, anche il migliore strumento diviene del tutto inutile per un’evoluzione dei sistemi democratici. Perché si adottino processi decisionali più funzionali e democratici è necessaria un’evoluzione culturale che ci porti alla realizzazione di una società sempre più organica e sempre meno gerarchica, altrimenti un sistema veramente democratico rimane soltanto una chimera. E perché le comunità possano evolvere culturalmente è necessario che i singoli appofondiscano e studino, è necessario che si sviluppi un ampio e proficuo dibattito tra le persone per far emergere i limiti dei modelli attuali di governo, è necessario che si sperimentino e si diffondano forme più evolute di partecipazione democratica capaci di superare i predetti limiti.