Avevo 19 anni, prima casa in affitto e primo lavoro: ero in cucina e presi un bicchiere di vetro. Lo osservai e mi chiesi: chi lo ha realizzato?
Da questa domanda banale, ne nacquero molte altre: la materia prima dove è stata presa, chi l’ha estratta, chi ha lavorato l’ossido di silicio per produrre quel bicchiere? Quanta energia è stata consumata? È stato preservato l’ambiente naturale? Sono stati rispettati i diritti umani nel produrre il bicchiere?
Da quel giorno iniziai lentamente a cambiare i miei comportamenti, passando da un consumo incosciente ad un uso consapevole delle risorse del pianeta: perché con ogni prodotto che acquistiamo, ogni azione che compiamo, consumiamo risorse, spesso purtroppo produciamo scarti, modifichiamo il sistema ecologico, miglioriamo o peggioriamo la vita dei nostri simili e degli altri esseri viventi.
Per questo decisi di andare in una Bottega del Mondo, dove trovai prodotti equi e solidali, di cui si conosce la provenienza, realizzati artigianalmente, nel rispetto dell’ambiente e dei diritti umani.
Decisi anche di acquistare il più possibile solo prodotti locali e biologici, per ridurre l’inquinamento derivato dai trasporti e eliminare i prodotti chimici dell’agricoltura industriale: in parole povere volevo diminuire la mia impronta ecologica e non essere complice dello sfruttamento dell’ambiente e delle persone di certe filiere di produzione. Fondai un gruppo d’acquisto solidale per questo, il GASPER, una delle più belle esperienze umane della mia vita. Un gruppo eterogeneo di oltre 50 persone che mi hanno insegnato che si può vivere in pace tra esseri umani, agendo insieme per il bene, dialogando costruttivamente, cooperando in maniera solidale per il bene di tutti.
Decisi poi di aprire un conto corrente bancario presso Banca Etica, per far sì che i miei risparmi vengano utilizzati esclusivamente per aiutare le imprese rispettose della natura e delle persone.
Decisi anche di lavorare solo ed esclusivamente per aziende con una coscienza etica.
Mi ricordo lo scetticismo di amici e parenti, a volte anche la derisione, quando raccontavo loro di queste mie scelte, del cambiamento avvenuto nelle mie abitudini, di quanto fosse importante secondo me: ma non volevo demordere, per me diventò una missione dare il mio contributo per promuovere le filiere virtuose di produzione.
Premiare chi lavora bene acquistando ciò che produce nel rispetto dell’ambiente e delle persone, siano beni o servizi, è il sistema di voto quotidiano con cui trasformiamo il mondo.
Sono passati 22 anni da quel giorno, il mio stile di vita non è cambiato, anzi, cerco ogni giorno di essere più sobrio, di consumare meno, di utilizzare meglio: oggi la coscienza collettiva verso i sistemi di produzione agricola naturali, il commercio equo e solidale, le produzioni locali, è maggiore, ma ancora non sufficiente a cambiare le tristi sorti sempre più certe dell’umanità.
Il nostro consumo dissennato, la nostra avidità, l’illusione che l’avere di più, sempre di più, è ciò che ci rende felici, ci ha portato in due soli secoli a creare un mondo ingiusto e sull’orlo del collasso ambientale: le evidenze sperimentali dell’impatto delle attività umane sull’ambiente sono ormai incontrovertibili.
Nel solo settore agroalimentare questo anno si è perso il 48% della produzione nazionale di pesche, il 69% delle pere; in molte regioni del centro-nord c’è stata una riduzione dell’80% di olio prodotto; nel solo Lazio si è perso l’80% della produzione di nocciole. Tutto ciò a causa dei cambiamenti climatici creati dalla nostra specie.
Quasi 2 miliardi di persone, poco meno di un quarto della popolazione mondiale, vivono in aree che soffrono di carenza idrica e si prevede che questo numero crescerà fino a raggiungere circa la metà della popolazione mondiale entro il 2030. Sono 710 milioni i minori (in 45 Paesi) a più alto rischio di subire l’impatto del cambiamento climatico.
13 milioni di persone muoiono ogni anno a causa dell’inquinamento.
Stiamo affamando l’umanità, mettendo a rischio la sopravvivenza della specie e molti di noi ancora non hanno preso coscienza del perché, di come evitare tutto ciò, della necessità di cambiare comportamenti per salvare anche noi stessi.
Per fortuna abbiamo già tutte le soluzioni: esistono sistemi produttivi sempre meno impattanti sull’ambiente, addirittura rigenerativi degli ecosistemi. Noi possiamo scegliere di consumare di meno, di ridurre il nostro impatto ambientale, di compiere azioni rigenerative degli ecosistemi, ad esempio mettendo a dimora alberi.
La permacultura ci offre una visione sistemica che ci consente di progettare e realizzare insediamenti umani sostenibili e resilienti: d’ora in poi solo avendo un approccio sistemico, in grado di valutare prima tutti gli impatti delle nostre azioni e progettare quindi in maniera consapevole, potrà diminuire il rischio di catastrofi sempre peggiori.
Solo iniziando da noi stessi, divenendo consapevoli dell’impatto delle nostre azioni e cambiando le nostre abitudini, collaborando insieme agli altri esseri umani in maniera costruttiva, è possibile invertire rotta.
Ora è il momento di prendere coscienza tutti di quanto sia fondamentale il nostro agire per migliorare il mondo. Siamo noi persone comuni che dobbiamo impegnarci in prima persona: non verrà nessun salvatore, nessun eroe, nessun potere, che lo farà al posto nostro.
Siamo qui in questa epoca, questa deve essere la nostra missione di vita: riprogettare il mondo perché sia un posto migliore dove vivere.
Possiamo vivere tutti in pace e felici, dipende dall’impegno di ognuno di noi: chi non crede in ciò non può dirsi un vero essere umano.
Se cambiamo noi cambia il mondo
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