È abitudine quotidiana non stupirsi più dei grandi movimenti finanziari che avvengono in Europa. Fusioni societarie, amministrazioni controllate, consigli di amministrazione collusi. Sembra quasi che sia un obbligo e un dovere morale l’aderire al sistema liberista che sta mettendo in ginocchio il mondo intero. D’altronde di ciò che avviene nel resto del mondo non ne parlano…
In America Latina, ad esempio, molti dei governi democraticamente eletti, dal Venezuela al Nicaragua, sta riassorbendo, dopo anni di scempi, fame, guerre civili, all’interno del potere pubblico, le grandi società privatizzate dell’energia e delle comunicazioni, per dare ospedali e scuole. Come ci avvertiva tempo fa Beppe Grillo, il potere parte da questi due fattori determinanti, energia e comunicazione, chi li controlla decide. E allora perché da noi non ci si stupisce che due pilastri della nostra economia e della nostra cultura siano in mano a loschi privati? I miliardi di deficit della Telecom non stupiscono più nessuno? Come mai una società che, in mani pubbliche, era in attivo, ora sta in bancarotta perenne? E perché, invece di aumentare i finanziamenti dello stato per situazioni irrecuperabili, non si ritorna al pubblico? Chissà quanti soldi per risanare lo stato si farebbero…
È molto semplice il motivo: trasversalmente tra potere economico e politico si è giunti ad un accordo di non belligeranza, di spartizione della pecunia in maniera equa tra ridicoli managers pubblici e privati, sotto gli occhi dormienti del popolo. E tutto con i soldi dei cittadini… E allora mi domando cosa sia questa libertà, questa democrazia, che ci dicono di essere così fortunati ad avere.
A scuola non si insegna più, anzi si viene seviziati da insegnanti frustrati, negli ospedali si muore per un’appendicite. La casa è un miraggio per pochi, il lavoro una schiavitù per molti. Io sono per il pubblico, alcuni settori dell’economia non possono e non devono rimanere in mani private, dove vige il solo interesse del profitto. In Italia negli anni ottanta avevamo tra i migliori ospedali del mondo ed erano pubblici. Trovo disgustoso pensare che da qualche parte ci sia un manager che studi le possibilità che io mi ammali per specularci sopra. Che controlli al telefono, nelle mie e-mail, i i miei gusti per mandarmi pubblicità mirata… ricevo una media di sei o sette telefonate a settimana di sedicenti signorine che mi offrono viaggi, premi, creme, contratti telefonici… E tutto questo perché sono passato ad un altro gestore telefonico: è la loro vendetta. Si vendono il mio numero per farmi disturbare e cadere nella trappola del consumo sfrenato. Non ci sto, non sarò mai con loro, con chi pensa prima al denaro e poi (forse) alla persona. Dare spazio agli individui non significa dare spazio ai privati, consentire di fare come vogliono. Ci hanno incantato con questa cantilena fissa, del libero mercato per vivere meglio, ma sono tutte menzogne (anche perché non mi sembra che se domani mi sveglio con un’ottima idea, di un prodotto rivoluzionario, mi siano aperte le porte del paradiso economico, anzi… Mi ucciderebbero per rubarmi l’idea). Dare spazio all’individuo significa per me dare un’istruzione obiettiva e enciclopedica, laica e libertaria, dare gli strumenti per costruirsi il futuro che si desidera, soddisfare i bisogni primari come la casa e la salute, il trasporto, intesi come diritti e non come possibilità. Questa è la vera libertà, l’aiuto e la cooperazione costante tra gli esseri umani per un futuro migliore, per una gestione onesta di ciò che non può essere privato e di cui non si può essere privati. Evviva il pubblico, abbasso il profitto.