Parto dallo spiegare a grandi linee cosa è il commercio equo e solidale (Fair trade, in inglese):
- Le prime esperienze nascono negli Stati Uniti dalla Ten Thousand Villages (allora Self Help Crafts) che comprava tessuti da Puerto Rico e dalla SERVV che commerciava con comunità povere del Sud. Il primo negozio del Commercio Equo aprì nel 1958 negli USA. In Europa le prime realtà a promuovere e ad abbracciare queste innovative pratiche commerciali furono, alla fine degli anni ’50, la Oxfam GB e poi la Fair Trade Organisatie, istituita nei Paesi Bassi. In Italia le prime esperienze risalgono agli anni ’80. In questi stessi anni si cominciò a sentire l’esigenza di creare un marchio che distinguesse questi prodotti: ciò avvenne nel 1998 con la creazione del marchio Max Havelaar in Olanda. Nel 1997 nacque la FLO (Fairtrade Labelling International), l’associazione mondiale di marchio per il commercio equo. Essa stabilisce oggi gli standard del Commercio Equo, nonché certifica e verifica la produzione e il commercio dei prodotti in accordo con tali standard. IFAT (International Fair Trade Association) è l’organizzazione che monitora tutte le organizzazioni del Commercio Equo del mondo, rispetto agli standards stabiliti.
- I dieci standard fondamentali del Commercio Equo sono: 1- Creare opportunità economiche per i produttori svantaggiati, nell’ottica dello sviluppo sostenibile e della riduzione della povertà. 2- Trasparenza nella gestione e nel commercio, nel rispetto dei produttori. 3- Garantire e sviluppare l’indipendenza dei produttori. 4- Promuovere il Commercio Equo. 5- Pagare un prezzo giusto. 6- Promuovere l’equità di genere. 7- Creare delle condizioni di lavoro sicure e salutari. 8- Rispettare i diritti dell’infanzia. 9- Produrre nel rispetto dell’ambiente. 10- Non massimizzare il profitto, ma la cooperazione e la solidarietà tra i popoli.
Adesso la proposta:
Perché non creare un marchio che garantisca anche i prodotti occidentali sulla base di questi principi base? Bisogna sempre ricordare che lo sfruttamento del lavoro non è una realtà dei soli paesi del Sud. La massimizzazione del profitto a scapito dell’etica nella produzione è un problema anche dei paesi industrializzati. Potrebbe essere un modo per rilanciare il Commercio Equo, facendolo sentire come necessario anche a chi lavora nei paesi del Nord del mondo. La tutela dei diritti non può essere limitata ad acluni paesi, ma deve essere incentivata in ogni nazione. Osserviamo che l’economia di libero mercato sta affligendo anche i paesi del “primo mondo”, tramite il lavoro precario e la graduale diminuzione degli investimenti nel settore dell’istruzione, della salute, dell’ambiente e della tutela dei diritti dei lavoratori più in generale. Bisogna ripensare il sistema economico al fine di garantire una trasparenza assoluta sui processi produttivi e sulla necessità dello sviluppo per il progresso sociale, ancor prima che economico, a livello mondiale, abbattendo le distinzioni tradizionali tra primo, secondo o terzo mondo. La realtà è una rete di interdipendenze e solo mutando le nostre scelte globali a livello locale si può arrivare ad un mondo di pace, progresso e speranza. Il pianeta è unico, l’umanità anche: i diritti debbono essere per tutti.
P.S.: voglio vedere la prima automobile con il marchio dell’equo e solidale!!!