Tutta la differenza tra noi esseri umani si risolve nell’affermazione: c’è chi si arrende e chi no. Oggi sono andato a comprare la verdura: un gesto apparentemente banale, nulla di cui meravigliarsi, nulla di particolarmente stimolante. Ma in questo mondo che gira al contrario, sono proprio i gesti semplici, quotidiani, quelli che fanno la differenza, quelli che cambiano il mondo. Sono andato a Via Ardeatina 524, qui a Roma, all’orto auto organizzato dei lavoratori Agile ex Eutelia. Ho incontrato una signora, Gloria, insieme ad altre donne: forse ho compiuto, senza saperlo, il gesto più bello per commemorare la giornata internazionale della donna (e non festa della donna, come Gloria ha giustamente precisato), una giornata per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze cui esse sono ancora fatte oggetto in molte parti del mondo, una stupida discriminazione puramente di genere, che non ha senso di esistere. Erano tutte donne a coltivare quel pezzo di terra (finora) strappato alla speculazione e all’avidità dei costruttori romani, ridato alla collettività, all’umanità. E mi hanno invitato a manifestare con loro domani alla manifestazione nazionale qui a Roma indetta per lo sciopero generale dei metalmeccanici e delle metalmeccaniche. Mi hanno regalato una maglietta, mi hanno parlato di quanto sia bello coltivare, di quanto sia meraviglioso essere madri, della necessità di fare figli da giovani per potersi godere quanto di più bello esista al mondo, la nascita di un altro essere umano, mi hanno convinto con la loro convinzione a manifestare con loro e per loro, ma anche per tutti noi: quando un essere umano (una persona, preciserebbero le donne dell’eutorto) smette di arrendersi alla realtà attuale, ma comincia a lottare per un futuro di giustizia, non lo fa solo per sé, lo fa per tutti gli esseri viventi.
E chi si sente parte di questa umanità non può che aderire completamente ad una lotta giusta (un lavoro dignitoso, un contratto che lo garantisca), per recuperare il senso di giustizia, di verità, che ormai siamo abituati a dimenticare, a cancellare, ad addormentare.
Ieri parlavo in macchina con la mia ragazza e siamo finiti a parlare del consumismo, della follia della produzione sempre in aumento in questo modello economico fallimentare chiamato capitalismo, liberismo, neo-liberismo (il nome non cambia certo le cause che hanno motivato e motivano tanti uomini a sostenere questo sistema insostenibile e inumano, ossia l’avidità e la stupidità). E io che sono comunista convinto (da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni, diceva Marx), convinto che ancora sia necessario dialogare tra tutte e tutti su quale modello economico sia sostenibile, giusto, possibile, convinto che sia ancora un modello comunista, comunitario, l’unico eticamente corretto, ho riflettuto bene sulle due parole che distinguono in maniera netta il differente modo di vedere delle due parti: l’uso e il consumo. Oggi si parla sempre di consumo (contrazione dei consumi, impennata dei consumi), come se l’economia fosse un modello umano atto ad usurare i beni presenti su questo pianeta, sino a che tutto non finirà, in attesa dell’apocalisse che arriverà a condannare tutta la nostra malvagità. In ciò dimentichiamo che invece di consumare potremmo usare ciò che abbiamo, condividendolo e valorizzandolo: persino il letame può divenire fertilizzante per dare nuova energia e linfa, può avere un’accezione assolutamente positiva. E in questa malsana epoca di obsolescenza programmata, dove tutto sembra destinato a finire e disgregarsi per sempre, dove il futuro sembra più una condanna che un’opportunità, tornare a parlare di uso e di responsabilità individuale sulla scelta tra i due, può essere il modo per uscire da questo sistema da noi stessi creato e alimentato (con il nostro lavoro, i nostri guadagni, persino con i nostri scarti), può essere la riflessione che ci manca per tornare a stare insieme felici. L’umanità non è condannata al declino, all’estinzione: può scegliere dove andare giorno dopo giorno, persona dopo persona, può scegliere se far valere la creatività, lo spirito di servizio, la cooperazione e la solidarietà o se abbandonarsi all’ubriachezza del consumo, dell’avidità, dell’egoismo.
Tu da che parte stai, da che parte vuoi stare, cosa veramente ti rende felice? Fatti tutti i giorni queste domande e rispondi con sincerità: lo fai per te e per l’umanità tutta. E non avere paura, sii coraggioso e onesto, la risposta giusta ti darà una felicità vera, non di plastica, una felicità che sorge dal vedere con i propri sforzi il costruirsi di un futuro fatto di gioia, di persone coraggiose, di giovani felici di essere venuti al mondo, di un modello di società, di produzione, di economia, che veramente riflette la nostra vera natura, quella di essere felici di esistere: così come mi hanno insegnato oggi le splendide donne di Eutorto.
Grazie Dario per quello che hai scritto e per essere stato con noi per rivendicare ancora diritti, dignità, tutela per le persone e per l’ ambiente, in un momento storico in cui anche chi dovrebbe difendere il disagio sta abdicando.
ti aspettiamo ancora all’ orto…
gloria
E’ stato bello conoscerti, e leggere queste righe mi ha commosso.
Grazie Dario. Torna a trovarci.
Francesca