Viviamo in un paese oramai in preda a ossessione da denaro. Tutti, compresi i più giovani (che dovrebbero essere i più idealisti) pensano che principalmente accumulando denaro potranno vivere felici. Considero tutto ciò completamente folle: come si può pensare che la nostra felicità risieda nel nostro conto in banca?
La realtà ci dice che “omnia sunt communia”, lo vediamo con i disastri che provoca l’inquinamento. Io sono una persona di modeste pretese da un punto di vista materiale: se ho una casa, da mangiare, un lavoro gratificante, fare l’amore, la possibilità di studiare e buona salute, mi sento appagato. Ma da un punto di vista spirituale e ideale sono assolutamente più esigente: non riesco proprio a sopportare di parlare con (quasi) tutti i miei coetanei e sentirli sognare di viaggi e ville, piscine e automobili sportive, cellulari ultimo modello, insomma di una moltitudine di frivolezze… e dire che il mondo è questo e non si può cambiarlo. E che preferiscono spendere cinquanta euro di ricariche al telefonino e andare al discount a comprare prodotti a dir poco scadenti, fatti e venduti da lavoratori sottopagati, da multinazionali spietate in cui gli uomini sono solo dei mezzi di produzione. A lavorare con contratti precari, come se fosse ineluttabile, ad asservirsi alle aziende nella speranza di un contratto che tanto non arriverà mai, a criticare e mai criticarsi. A volte mi capita di sentire anche bei discorsi, ma poi il comportamento concreto si rivela ipocrita: perché? Non voglio giudicare a spada tratta la mia generazione e quelle vicine, ma a guardarle nella realtà dei fatti sono veramente deludenti e deprimenti. Le contraddizioni fanno parte della vita e anche io ne vivo quotidianamente. Ma ciò che in me ha risvegliato la volontà ferrea di lottare per l’umanità, l’umanesimo, è derivata sì da una formazione culturale (nel contesto familiare) sicuramente maggiore alla media, ma soprattutto dalla sfida a me stesso e alla volontà tutta personale di rimboccarmi le maniche: non si può dire sempre “è colpa del sistema”, poiché la linfa vitale del sistema siamo noi. Ho partecipato alla vita politica d’un partito, ho occupato case per chi non l’aveva, ho aperto un’associazione che mi fa dormire 5 ore a notte e che non mi porta un soldo in tasca, mi sono sposato, ho cercato e cerco incessantemente dentro me una coerenza che mi consenta veramente di sentirmi vitale e felice. Certo, a guardare il mondo con razionalità c’è molto da fare e molto da cambiare, ma con il cuore si trova tutta la forza necessaria a contrastare i lati oscuri dell’uomo, dentro e fuori di sé (che, a ben vedere non è poi tanto differente). Il cervello è un supporto ai moti d’animo umani, serve a ricordare, a capire e valutare, ma per lottare bisogna soprattutto avere coraggio ossia un sentimento: il coraggio di mettersi in gioco, di agire con determinazione. Perché se qualcosa è difficile non significa che sia impossibile. I grandi uomini si sono forse fermati a chiedersi se ciò che facevano fosse possibile? Assolutamente no, poiché solo provando senza rese hanno capito ciò che fosse possibile o meno: e come dice un adagio cinese “se ci credi veramente, tutto è possibile”.